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Benvenuto sul sito dell'Associazione Terramare 3000

Il sito archeologico di Longola, a Poggiomarino, è un sito d’importanza eccezionale nel panorama della protostoria campana, scoperto nel corso di uno scavo per la costruzione di uno depuratori del medio Sarno nell’ottobre del 2000.

Si tratta di un villaggio dell'Età del Bronzo, esteso su più dei 7 ettari destinati al depuratore (infatti del materiale analogo è stato reperito all’esterno del sito stesso, in una ricognizione di superficie del Gruppo Archeologico“Terramare”), che si è conservato sotto una falda d'acqua a oltre otto metri di profondità. La popolazione che ha abitato il villaggio protostorico per quasi un millennio era, secondo le fonti classiche, quella dei Sarrasti, la cui memoria era quasi persa.

I Sarrasti erano abili “ingegneri idraulici”, ideatori di un sistema particolarissimo di bonifica “stratificata” sconosciuto finora, sul quale continua lo studio da parte della dott.ssa Cicirelli, funzionaria di zona della Soprintendenza di Napoli e Pompei e della prof.ssa Livadie, e dell’équipe di specialisti che vi lavorano.

Questa popolazione, citata da Virgilio e da altri autori classici, abitava su una laguna creata dal fiume Sarno sulla quale erano stati ricavati isolotti, marginandoli con pali di quercia e bonificati con materiali vari, sui quali vivevano in caratteristiche capanne dalla forma a U.

Tantissime le cose ritrovate sul sito che attendono un’adeguata sistemazione museale: migliaia di reperti in ceramica, bellissime fibule di varie fogge, vaghi di collane in ambra, osso, pietre dure, amuleti, attrezzi da lavoro in bronzo e ferro, cesti e stuoie in fibre vegetali, rocchetti e fusaiole per la tessitura, oggettini in oro di corredo personale, statuette fittili antropomorfe e zoomorfe, due grandi canoe monossili. Oggetti che fanno capire come Longola fosse utilmente inserita nelle rotte commerciali dell’ambra, dell’ossidiana, delle pietre verdi, della ceramica e, a quanto pare, non in posizione subordinata.

Il ritrovamento del bellissimo piccone in legno, dalle forme estremamente moderne, di un’intera capanna dalle pareti crollate, unitamente ad altri numerosissimi materiali utilizzati nella quotidianità dai Sarrasti, che sarà possibile vedere in una prossima pubblicazione, è stato considerata la testimonianza della forza e della caparbietà di questo popolo, che produceva e commerciava non solo oggetti di uso comune, ma anche beni di lusso. E’stata proprio questa la sorpresa maggiore degli studiosi, tenuto conto che si tratta di un villaggio indigeno, in un periodo in cui di riteneva che i campani nativi fossero culturalmente molto arretrati, progrediti solo a partire dal contatto con i colonizzatori greci.

Lo scavo, che si sviluppa in ambiente umido e pluristratificato, procede con lentezza proprio per la ricchezza della documentazione: sono, infatti, centinaia di migliaia i reperti lignei, ceramici, faunistici e di altra natura che documentano le varie fasi analizzate. Esso servirà a dare risposte sull'urbanizzazione della Campania di quell'epoca, sulla tipologia insediativa, sul sistema di produzione e scambio “internazionale” diremmo oggi, nel quale gli indigeni erano proficuamente inseriti, sull'organizzazione politica e sociale del territorio più ampio e sul sistema di credenze magico-religiose dei Sarrasti stessi. Lo stesso scavo documenta l’ottimo stato di conservazione dei materiali lignei e permetterà la costruzione di una curva dendrocronologia per il meridione d’Italia, finora inesistente.

Quella che ha preso l’avvio da qualche mese probabilmente è l’ultima campagna di scavo che la Soprintendenza Archeologica di Napoli e Pompei ha in programma, che terminerà nel dicembre 2011. Non terminerà lo studio, naturalmente, dei reperti e occorrerà poi la sistemazione dell’area per la fruizione. Già il prof. P.G.Guzzo, soprintendente archeologo di Pompei, aveva sottolineato che “Lo scavo in corso continua ad ampliare le nostre conoscenze a proposito del mondo, finora mitico, dei Sarrasti. I risultati di sei anni di scavo, di ricerca, di scoperte straordinarie, attendono il prosieguo e la sistemazione, la cosa richiede il concorso degli Enti territoriali interessati.”

Il Gruppo Archeologico Terramare 3000”, che aveva seguito la scoperta dall’inizio, conducendo una battaglia per la salvaguardia del sito stesso, ha siglato negli anni scorsi una Convenzione con la S.A.P. per la valorizzazione e la fruizione del sito stesso. Inoltre, ha presentato un progetto di valorizzazione che prevede la creazione di un Centro di Archeologia Sperimentale in Campania sullo spazio demaniale del sito stesso e continua a lavorare alla diffusione delle conoscenze relative allo stesso, perché questo popolo della Campania antica non ritorni nell’oblio.

 

   
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